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Il Covid spinge la dispersione scolastica, ma la soluzione è nella formazione di qualità

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Più di un quinto dei giovani italiani tra 15 e 24 anni non studia, non lavora e non si forma. Un dato drammatico che emerge dal rapporto della Commissione Ue su dati Eurostat. Certamente il Covid, nel secondo trimestre di quest’anno (a cui si riferiscono i dati), ha contribuito a peggiorare la situazione, ma il numero dei cosiddetti “neet”, chi cioè non studia, non si forma e non cerca lavoro, sta nettamente aumentando.

Per questo accedere a corsi di formazione mirati può essere la soluzione per motivare chi ha perso la spinta a studiare o a cercare lavoro. Molto spesso, infatti, la nuova generazione si sente abbandonata perché avvolta dal particolare momento di crisi e dai cambiamenti repentini che avvolgono il mondo del lavoro.

Ma torniamo ai dati: il record di “neet” è proprio in Italia: 20,7% contro l’11,6% della media Ue. Dopo di noi, Bulgaria (15,2%) e Spagna (15,1%). Nel 2019 eravamo al 18,1%, nel 2018 al 19,2%. Nel 2012-2015, addirittura, si viaggiava attorno al 21-22%. Ma allargando la platea di osservazione ai giovani tra 15 e 29 anni la situazione peggiora ulteriormente: i neet italiani sono un quarto – il 24,9% – nel secondo trimestre di quest’anno per scendere poi al 22,7% nel terzo. Il Report della Commissione UE attesta che il tasso dei neet è cresciuto quasi ovunque tra aprile e giugno.

La formazione mirata e professionale, dicevamo, può essere un’ottima soluzione al problema.

Come fare? “Molti esempi di buone prassi già esistono – spiegano gli esperti di Docet Professional – ma sono ancora troppi gli insegnanti che si trovano in difficoltà nell’occuparsi dei bisogni educativi degli studenti a rischio. Come prima cosa bisognerebbe partire da un colloquio conoscitivo del ragazzo/a diretto a orientarlo verso il percorso formativo più adatto tenendo conto del suo curriculum (la sua storia personale e il suo percorso scolastico), delle sue aspirazioni e aspettative, dell’analisi di realtà (si analizza la discrepanza fra i desideri del ragazzo e le sue reali capacità).

Spesso il ragazzo ha semplicemente bisogno di cambiare il percorso e in questo andrebbe aiutato a capire i motivi di tale decisione cercando di trovare l’alternativa più adatta. Ogni “caso” è unico – aggiungono gli esperti di Docet Professional – e va discusso in modo individuale trovando per esso una soluzione personalizzata. L’obiettivo è il recupero e il reintegro e questo è un compito che non riguarda solo le scuole ma tutti coloro che sono coinvolti a vario titolo.

Solo una piccola percentuale di scuole o centri di formazione professionale – concludono da Docet – coopera con istituzioni specializzate nel recupero ed integrazione degli allievi a rischio”.

Qui un elenco di corsi professionalizzanti anche di livello universitario.

 

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